In libreria per Iride (Gruppo Rubbettino) “Il fango, la neve, il marmo” di Alberto Adotti
È difficile non pensare all’ “Antologia di Spoon River” leggendo il romanzo di Alberto Adotti “Il fango, la neve, il marmo”.
Ma se nelle pagine di Lee Masters i protagonisti sono i defunti del cimitero di un immaginario paesino del Midwest, nel libro di Adotti sono i dieci militi ignoti sepolti nel sacrario di Aquileia.
Già perché non tutti (specie i più giovani) sanno che il Milite Ignoto le cui spoglie mortali riposano dietro il bianco marmo dell’altare della Patria è solo uno degli undici soldati senza nome i cui corpi furono rinvenuti tra le valli del Nord-Est al termine della Grande Guerra.
Fu una mamma, Maria Bergamas, che scelse tra le undici bare avvolte nel tricolore e disposte in fila nella basilica di Aquileia quella che il suo cuore le sembrò suggerire e che da lì venne trasportata in una sorta di rito collettivo che coinvolse emotivamente l’Italia verso l’Altare della Patria dove viene costantemente vegliata da un servizio d’onore.
E proprio l’aver prestato il servizio come guardia d’onore nel 1959 presso il sacello del Milite Ignoto che ha suggerito all’autore di raccontare la sua versione della storia di quegli altri dieci soldati i cui corpi giacciono, forse dimenticati, nel cimitero di Aquileia.
Adotti ha voluto immaginare in dieci capitoli le probabili storie di altrettanti uomini, le loro aspirazioni, i loro sogni, le loro speranze.
In questo vero e proprio piccolo monumento di carta gli “ignoti”, come scrive Lorenzo Del Boca nella prefazione al romanzo «riprendono vita e fisionomia, parlano si spiegano, si muovono in un caleidoscopio di emozioni e muoiono. Ma la loro storia – semplice come può essere quella di un contadino, di un cavatore di Carrara o di un ragazzo di Modena che scherza con i fratelli – acquista il peso di una denuncia e di un tributo alla memoria. In fondo, nei confronti di intere generazioni che si sono sacrificate nel Carso e sull’Adamello, abbiamo contratto un detto morale che, prima o poi, dovremmo anche deciderci di onorare»
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