È in questi giorni in libreria l’interessante libro-intervista del giornalista e Direttore della Rivista «l’Arbitro» Carmelo Lentino a Marcello Nicchi, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, dal titolo “Il fischietto e il pallone”, edito da Rubbettino, con prefazione di Donatella Scarnati, nota e apprezzata giornalista di Rai Sport.
Affronta per la prima volta gli aspetti tecnici, ma anche etici, di una figura, quella dell’arbitro di calcio, che negli anni ha conosciuto un’importanza crescente, vedendo aumentare di fatto sia le difficoltà del “mestiere” che il carico di responsabilità.
Già! Perché il calcio in Italia è diventato un affare troppo serio: «Chissà se è un Paese normale, quello in cui una partita di calcio – si chiede Lentino – diventa un caso politico, e dove deputati e senatori, invece di concentrarsi sui tanti drammatici problemi da risolvere nel bel mezzo di una crisi economica devastante, si abbandonano a commenti da bar, contro l’arbitro di turno, arrivando ad annunciare nei salotti televisivi interrogazioni parlamentari ed esposti alla Consob»
Ecco, allora, il perché del paragone con il lavoro del giudice, che ricorre spesso nel libro: un giudice sui generis, però, che agisce nel tempo dell’istante che separa il fatto dalla sentenza. Un giudice che non ha tempo di fare indagini, leggersi le carte, ascoltare le ragioni delle parti in causa, ritirarsi in camera di consiglio.
Un’azione di gioco, si svolge infatti in un battito di ciglia. Un fallo o un fuorigioco accadono in un secondo. E nel secondo che segue, l’arbitro, dopo aver visto e valutato, deve emettere una sentenza, però con gli occhi di milioni di persone appiccicati addosso, allo stadio e davanti la televisione. Ciò nella consapevolezza che dalla sua decisione non appellabile, dipende non solo l’esito di una partita, ma anche interessi milionari che ruotano intorno al mondo del calcio.
L’arbitro è un uomo solo, “invisibile”. Tanto più riesce a essere invisibile, tanto maggiore è la qualità del suo operato. È chiaro, allora, che un arbitro deve pertanto avere qualità tecniche, fisiche e mentali che gli consentano la serenità del giudizio anche in casi piuttosto complicati. Ciò che rende così affascinante e difficile il suo mestiere, è che queste capacità, evidentemente, non si possono indossare ed esprimere solo durante la partita, come fossero una divisa che poi si toglie nello spogliatoio. Devono diventare parte integrante anche fuori dai campi di calcio, come una caratteristica, una peculiarità dell’abitro anche nella vita quotidiana e professionale.
MARCELLO NICCHI, ex direttore di banca, è Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri dal 2009.
Arbitro di calcio dal dicembre del 1969, ha diretto 98 gare della massima Serie. A livello internazionale ha esordito il 20 ottobre 1992, dirigendo 26 gare. Dagli inizi alla chiusura della carriera, ha superato le mille competizioni ufficiali.
Consigliere e Segretario della sua Sezione dal 1978 al 1992, è stato Vice Commissario della CAN A e B dal 1998 al 2001, poi, per quattro stagioni, Componente del Settore Tecnico Arbitrale.
Per 13 anni Osservatore UEFA, al momento dell’elezione era anche Osservatore della CAN A e B.
Quale Presidente dell’AIA è componente di diritto del Consiglio Federale della FIGC.
Tra i vari riconoscimenti ha ricevuto anche il Premio “Generoso Dattilo”, assegnato dalla Presidenza dell’AIA.
CARMELO LENTINO, giornalista, è arbitro di calcio dal 1996. Direttore Responsabile della Rivista «l’Arbitro», fa parte della redazione della stessa dal 1998. All’interno dell’AIA ha ricoperto diversi incarichi, tra cui quello di Componente del Settore Tecnico Arbitrale.
Fondatore e Consigliere Vicario del Forum Nazionale dei Giovani, attualmente è Segretario Nazionale dell’Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù. Nel 2014 è stato insignito della Stella di bronzo al merito sportivo del CONI, e ha ricevuto il Premio speciale per il giornalismo sportivo “Dalla parte dell’arbitro”, intitolato a Tonino Carino.