Il popolo italico dei Brettii sembra tornato di gran moda. Sarà forse l’alone di mistero che avvolge la loro storia, sarà il carattere indomito e leggendario che ha consentito loro di piegare la superbia dei Greci e di resistere fieramente ai Romani… quel che è certo è che si assiste ovunque a un rinnovato interesse testimoniato dalla pubblicazione per i tipi di Rubbettino del libro di Pier Giovanni Guzzo, Storia e cultura dei Brettii.
Tra i Greci, che ne avevano fatto un fulcro della loro Magna Grecia, ed i Romani, che ne avevano fruttato le risorse, i Brettii hanno svolto un ruolo storico terzo nella storia antica della Calabria. Hanno vissuto nelle selve che ricoprivano la regione vivendo di pastorizia e di rapine: fino a quando, ribellatisi ai Lucani dei quali erano servi, hanno preso nelle proprie mani la loro fortuna.
Resisi autonomi e liberi, hanno combattuto contro Greci e Romani, hanno prestato servizio mercenario, hanno raccolto ricchi bottini in fortunate razzie. Ma la loro struttura interna era debole, divisa tra cantoni ognuno indipendente dagli altri, quando non in frizione reciproca. E non mancavano contrasti sociali interni, tra “ricchi” e “poveri”. L’alleanza con Annibale dopo la battaglia combattuta a Canne e disastrosa per i Romani provocò la loro definitiva sconfitta da parte della spietata macchina da guerra che era la Repubblica Romana.
Usciti da oscure origini, essi ricaddero dalla rilevante potenza militare rapidamente conquistata in un’altrettanto oscura immersione nell’irrilevanza. Nel corso di un secolo e mezzo viene completato l’intero percorso che ce ne ha lasciato memoria. La mancanza di una solida istituzione statuale, sommata a quella di una cultura non sempre identificabile con nettezza nelle sue componenti e nei suoi contorni, ha reso però sempre evanescente il raggio di estensione della realtà identitaria brettia, molto probabilmente ridotto a quello della singola tribù
I Brettii non ci hanno lasciato nulla di scritto da essi stessi: il loro destino, quindi, in antico come oggi è di dipendere da quanto altri da loro ne hanno pensato e detto e ne continuano a pensare e a scrivere.
Il libro di Guzzo consente di colmare ampiamente questa lacuna e di conoscere questa affascinante civiltà che tanta parte ha avuto nella storia dell’Italia meridionale.
Pier Giovanni Guzzo ha prestato servizio nelle Soprintendenze archeologiche della Calabria, dell’Emilia-Romagna, della Puglia, di Pompei. Dalle sue esperienze di lavoro ha tratto argomenti per le sue numerose pubblicazioni, sia in riviste scientifiche italiane e straniere sia in volumi monografici. In particolare alla storia antica e all’archeologia della Calabria ha dedicato molta parte delle proprie ricerche. È Accademico Linceo e membro del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte.