Il saggio dello studioso francese pubblicato nel libro edito da Rubbettino e curato dal docente LUISS Raffaele De Mucci “Economia di mercato e democrazia”
Il fallimento della primavera araba, sancito definitivamente con l’arresto ieri di uno dei leader del movimento, Ahmed Duma, ha come causa principale la mancanza di libertà economica.
A sostenerlo in un molto ben argomentato saggio pubblicato all’interno del volume “Economia di Mercato e Democrazia. Un rapporto controverso” curato dal docente LUISS Raffaele De Mucci, ed edito da Rubbettino (in questi giorni in libreria) è Emmanuel Martin, direttore dell’Istituto francese per gli Studi Economici in Europa.
Secondo Martin non vi può essere democrazia senza libertà economica. Analizzando i casi emblematici di Egitto e Tunisia l’autore intravvede un circolo vizioso per cui l’autoritarismo politico richiama la centralizzazione dell’economia, aprendo la strada al radicalismo islamico, che diventa a sua volta un utile pretesto di legittimazione dell’autoritarismo politico.
L’esempio del governo di Mubarak che ha soffocato l’Egitto per 30 anni con il Partito Nazional Democratico, attraverso l’uso delle milizie, il controllo dei media e dei sindacati, non può essere compreso a pieno se non contestualizzando la situazione del paese dal punto di vista economico.
È in questo quadro storico ed economico che ha trovato campo fertile il radicalismo islamico, in un circolo vizioso estremamente oleato: l’autoritarismo politico, basato sulla monopolizzazione delle risorse e il soffocamento della libera concorrenza, attecchisce e funziona solo in contesti di limitazioni e privazioni economiche, in una situazione quindi di autoritarismo economico che a sua volta prepara il campo al fanatismo islamico, pretesto, quest’ ultimo, per giustificare le rigidità politiche.
Non è tuttavia una mancanza di tipo culturale, quella dei paesi africani o musulmani. La loro tradizione commerciale ed economica lo rende evidente.
Gli stessi regimi totalitari saltati nel corso della Primavera Araba si dichiaravano pro-business Il business rimane però prerogativa esclusiva dei poteri forti, come nell’esempio della “Famiglia” Ben Ali-Trebelsi che gestisce da sola il 40% dell’economia tunisina.
Non cogliere la distinzione tra l’essere pro-business e l’essere pro-mercato, cioè agevolare la libera concorrenza, gli scambi e la politica del Lasseiz-faire, spiega perché gli osservatori, ma anche le stesse popolazioni coinvolte, abbiano mancato il focus trascurando la causa scatenante della Primavera Araba: la mancanza di libertà economica.
Il libro
Venticinque anni dopo che Fukuyama ha dichiarato la Fine della Storia, con l’avanzare inarrestabile e congiunto di Democrazia e libero mercato, al di là dei luoghi comuni questo rapporto non sembra né così congiunto, né così inarrestabile. Cos’è il mercato? Basta lo sviluppo economico a garantire la democratizzazione? Può la democrazia favorire lo sviluppo economico? Perché le democrazie avanzate scelgono sistematicamente politiche che riducono il mercato? È possibile migliorare la qualità della democrazia attraverso l’istruzione? Il gruppo di ricerca del Luiss- Laps, coordinato da Raffaele De Mucci, risponde a queste domande aprendo una riflessione in cui intervengono autori di fama internazionale come Daron Acemoglu e Michael W. Doyle. La prima parte del volume sviluppa un quadro teorico per analizzare i problemi della democrazia, della democratizzazione e delle varie forme di capitalismo, non sempre legate al libero mercato. La seconda parte presenta, con spirito critico, case studies appartenenti ad un’ipotetica quarta ondata di democratizzazione: la Turchia, la Cina, i paesi caucasici, e la “primavera araba”, presto trasmutata in un inverno di restaurazione antidemocratica.