Che cosa resta del metodo, e dei principi democratici, nei regimi i quali ancor oggi nell’Europa contemporanea, all’ideale della democrazia – con minore o con maggior fondamento – sono soliti richiamarsi ?
Quasi tutte le democrazie moderne formano i loro quadri dirigenti e rappresentativi prescindendo –quale più quale meno- da presupposti fondamentali della democrazia. Sono divenute irripetibili nell’attuale complessità della vita sociale forme classiche della democrazia diretta. Ma ci si è altresì allontanati da regole le quali tornerebbero tuttora di ben provvida incidenza politica. L’Italia in particolare, presenta suoi paradigmi i quali potrebbero senz’altro essere definiti esemplari quali forme di negazione della democrazia: il popolo non sceglie più i suoi rappresentanti ma sottoscrive liste bloccate che gli vengono imposte in un ordine vincolante dal potere dei partiti; il parlamento è gestito dai partiti e questi ultimi non sono ormai nulla più che associazioni private, dominio di pochi, o di un solo gerarca massimo. Ritorna una concezione della gestione del potere politico la quale nell’epoca classica fece nascere la rivolta democratica quale affermazione del valore del cittadino, di fronte a chi non gli riconosceva, se non nell’ambito di caste sociali ristrette, personalità politica e civile. Il cittadino democratico combattè per una società la quale pur non realizzando un regime perfetto (e come tale adatto agli dei e non agli uomini, come postillò Rousseau) , e nemmeno un codice immutabile di regole, e di specifici ordinamenti, affermasse tuttavia principi e metodi i quali riconoscessero quale valore civile l’eguaglianza delle opportunità e dei diritti. Attraverso il rispetto di metodi fondamentali nella competizione politica, e grazie alla solidità di efficaci presìdi istituzionali . Non si volle un codice statico della vita politica, ma si lasciò aperta la via all’adeguamento al nuovo di regole complementari della democrazia, attorno a metodi ed a roccaforti istituzionali consolidatesi nella coscienza morale dei cittadini ed adeguabili ad una società sempre più evoluta. Nella quale ci si potesse difendere dagli abusi del potere grazie ad un sempre aggiornato apparato di sorveglianza: vale a dire, di verifiche, di rendiconti, di riscontri, di controlli, di ricerca di incompatibilità e di conflitti di interesse ai fini di una loro eliminazione. A questi temi è dedicato il libro di Emilio Raffaele Papa, Che cos’è la democrazia?, nei prossimi giorni in libreria per i tipi di Rubbettino. Il volume è una sorta di breviario sulla democrazia. Parte dalla ricerca storica, e dibatte premesse teoriche, per giungere alla critica dell’attuale situazione di crisi della democrazia, e per tentare risposte, per puntualizzare errori e forme di malcostume e di opportunismo. Precipuo interesse è dedicato alla situazione italiana, nella quale la supplenza esercitata per forza di cose dal potere della magistratura (perfino attraverso sentenze della Corte Costituzionale!) non è valsa a modificare un sistema elettorale antidemocratico ampiamente condannato dal popolo , il quale attua la sottrazione del diritto di scelta dell’elettore fra i candidati al parlamento. Emilio Raffaele Papa, storico delle istituzioni, ordinario di storia contemporanea e già docente nelle Università di Bologna, di Bergamo, di Torino, è stato allievo di Alessandro Galante Garrone. |