Era figlio di emigrati italiani, Rocco Petrone, l’italiano della missione Apollo 11 di cui il prossimo 20 luglio ricorre il 50° anniversario.
A ricordare questa singolare figura di scienziato, l’uomo chiave della missione, è il giornalista Renato Cantore nel libro “Dalla terra alla luna. Rocco Petrone, l’italiano dell’Apollo 11”, con prefazione di Tito Stagno, che Rubbettino lancia in libreria il prossimo 11 luglio.
Rocco Petrone incarna pienamente il senso dell’American dream. Figlio di emigranti italiani, originari di Sasso di Castalda, in provincia di Potenza, rimasto orfano a soli sei mesi, fu costretto a lavorare per pagarsi gli studi. Ammesso all’accademia di West Point in tempo di guerra grazie alla sua intelligenza e alle sue grandi capacità nonostante il nome italiano, sarebbe stato chiamato a guidare il piccolo esercito di migliaia di ingegneri e tecnici che a Cape Canaveral resero possibile la realizzazione del sogno del presidente Kennedy: mandare l’uomo sulla luna entro la fine degli anni ’60 e battere i sovietici nella corsa alla conquista dello spazio.
Un fisico imponente da giocatore di football, un metro e novanta di altezza per quasi un quintale di peso, due occhi sottili e severi su una faccia squadrata con gli zigomi sporgenti, le labbra taglienti e il naso leggermente aguzzo, era conosciuto come uomo severo e riservato, disponibile ma rigoroso e inflessibile. Guidava un esercito di quasi ventimila persone, tra dipendenti diretti della Nasa e funzionari dei contractors, le ditte appaltatrici.
Per tutti era “la tigre”, un capo che chiedeva sempre la massima efficienza e la risposta efficace per ogni problema. Proibito sbagliare o, peggio, divagare. Famose le sue passeggiate per la sala controllo quaranta minuti prima del lancio per controllare che la concentrazione di tutti fosse al massimo anche dopo ore di lavoro, mitiche le sue sfuriate e altrettanto mitiche la sua eccezionale memoria fotografica e la sua capacità di lavoro. Proverbiali le sue check-list, i controlli che tutti erano tenuti a eseguire con estrema attenzione nei lunghi mesi di preparazione dei lanci: solo quella sul modulo lunare comprendeva ben 30 mila operazioni. Nei periodi più intensi, raccontavano i suoi collaboratori, convocava riunioni anche alle due. E intendeva le due del mattino.
Ma Petrone sapeva essere anche un collega disponibile con tutti, un padre attento e affettuoso, un sognatore dalla vasta cultura e dai forti sentimenti. La sua vera passione erano gli studi storici. Una volta interruppe il conto alla rovescia di un lancio importante per salvare una coppia di aironi che avevano fatto il nido troppo vicino alla rampa.
È stato l’uomo del “go” alla missione. C’era lui al centro della sala controllo dove erano al lavoro quasi 500 persone, lui aveva la parola decisiva su ogni fase del lancio. E fu lui che seppe mantenere la calma anche alle 5 del mattino del 16 luglio 1969, poco più di quattro ore prima della partenza dell’Apollo 11, quando i monitor di controllo segnalarono una pericolosa perdita di idrogeno liquido sul secondo stadio del razzo.
Senza il suo intervento decisivo la missione sarebbe stata probabilmente annullata, con quali conseguenze per il prestigio degli Stati Uniti è facile immaginare.
Il sogno americano di milioni di migranti nel caso di Petrone si è realizzato nel modo più clamoroso.
Il libro di Cantore ricostruisce questa straordinaria figura, dalla nascita nella cittadina di Amsterdam, New York a quel fatidico 20 luglio del 1969.
A questo libro è stato ispirato il documentario “Luna Italiana” prodotto da Istituto Luce-Cinecittà per History Channel (in onda sul canale 407 di Sky il 18 luglio)
Il libro verrà presentato il 16 luglio a Sasso di Castalda, paese di origine della famiglia Petrone, e il 17 luglio a Matera, nell’ambito della settimana dedicata all’allunaggio nel programma di eventi di Matera 2019 capitale europea della cultura.